Economia e artigianato

Pescocostanzo – L’arte Del Tappeto

Pare derivi da schiave turche o cipriote

Secondo la tradizione, l’arte del tappeto sarebbe stata importata a Pescocostanzo, in epoca remota, da schiave turche o cipriote. In questa ipotesi, non suffragata da documenti storici, confluiscono probabilmente due fatti distinti: l’esistenza, intorno all’ anno 1000, di nuclei di popolazioni orientali lungo la fascia costiera abruzzese e pugliese e in alcune zone dell’ entroterra montano; la presenza, nel XVI sec., a Pescocostanzo, di schiave turche acquistate sui mercati pugliesi dalle famiglie facoltose del paese.

Mancano, tuttavia, come si diceva, documenti storici certi sull’ origine dell’arte del tappeto a Pescocostanzo. D’altra parte non è difficile ipotizzare, per un paese che disponeva di un’ abbondante produzione laniera grazie alla fiorente industria armentizia, un’utilizzazione della lana anche in campo artistico. Autoctona, dunque, l’arte del tappeto, che con il passare del tempo si’ sviluppò per l’influenza di manifatture più raffinate.

Si pensi alle strette relazioni fra Pescocostanzo e Montecassino- dove affluivano opere e artisti dall’ oriente-, o ai contatti fra l’Abruzzo e l’Umbria- regione nota per la raffinatezza dei suoi tessuti-. Di motivi bizantini, caucasici, rinascimentali, rielaborati con originalità e sapiente maestria, sono intessuti i tappeti pescolani. Le figurazioni decorative ricorrenti sono forme geometriche, esseri favolosi, aquile, liocorni, e poi sirene, motivi araldici, fiori, fontane. Per il sistema di tessitura il tappeto pescolano differisce da quello comunemente chiamato “persiano”, cioè dai tappeti orientali annodati, e presenta, invece, caratteristiche simili a quelle dei tappeti caucasici detti “Sumak”.

Tre sono gli scherni di composizione più frequenti: uno è costituito da un campo centrale non figurato o animato da motivi animali o floreali, racchiuso da una larga bordura (schema di chiara origine orientale); un altro presenta un campo centrale con rombi o altre figurazioni (animali, fontana d’amore), delimitato da una bordura stretta; un altro schema di composizione ricorda invece le stoffe damascate con l’aggiunta di motivi araldici, di fontane e di fiori. Le tinte erano una volta ottenute con colori naturali: il verde pallido veniva ricavato dall’estratto delle foglie di faggio o di frassino, l’azzurro dall’indaco, il giallo dallo zafferano, il rosso dalla vinaccia. Erano preferite armonie di toni smorzati. I tappeti pescolani non venivano utilizzati per coprire pavimenti, ma si mettevano su cassapanche o su letti o si appendevano alle pareti. L’arte del tappeto nel nostro paese raggiunse la sua massima fioritura nel ‘600 e nel ‘700. Dopo il XVIII sec. ebbe inizio il suo lento, ma inarrestabile declino.

da www.pesconline.it

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